Alla vigilia della tappa dell’Etna, Carapaz, ha avuto l’idea di togliere un po’ di vernice dalla sua Pinarello Dogma F, facendo grattare via il velo dorato dell’oro olimpico conquistato a Tokyo.
Richard è riuscito a guadagnare così 50 grammi. Secondo gli esperti, il capitano del team Ineos, avrebbe ottenuto quel watt di potenza in più, da portarlo infine a fare la differenza.
D’altronde abbassare il peso corporeo dell’atleta, spesso comporta un rischio al punto da mettere in crisi le difese immunitarie dell’atleta. Ecco perché bisogna far dimagrire le bici, che di certo non rischiano influenze o dissenterie.
Insomma, in un ciclismo sempre più esasperato, la vittoria in una grande corsa a tappe si può giocare anche sul filo dei secondi. Pertanto, il peso “bici più corridore”, può fare una bella differenza.
Tuttavia, in base al regolamento, la bicicletta non deve pesare meno di 6,8 kg. In caso contrario il giudice è costretto a procedere con la squalifica. E questo perché secondo l’Unione Ciclistica Internazionale, il peso influisce sulla sicurezza.
“Non è vero” – replicano i produttori – “un amatore compra e pedala bici da sei chili senza farsi male, la federazione pensa solo a bloccare lo sviluppo tecnologico”.
Sta di fatto che vari modelli ultraleggeri sono già in gruppo e i meccanici sono costretti a inserire tondini di piombo nel telaio, proprio per farlo rientrare nella norma.
L’ultima proposta è quella di consentire a chi sta sotto i 68 chili di usare una bici pari al 10% del peso corporeo: 6 chili per uno scalatore da 60 – 5,8 per uno da 58 e così via.
Se questa idea sarà applicata? Al momento resta fuori dai piani dell’UCI. In futuro però non è da escludere una rivoluzione in campo del peso, correlato al fattore della ricerca di materiali resistenti e leggeri.
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