Il Presidente del Comitato regionale Abruzzo, Enzo Imbastaro, conferma che il mondo dello sport è solo di ausilio alla campagna vaccinale.
L’AQUILA – Dopo il passaggio dell’uragano Covid appena un anno fa, nel mondo dello sport il vaccino sembra essere l’unica soluzione per poter immaginare un ritorno alla vita normale, o qualcosa di simile. La strada però sembra essere in salita: basti pensare alla decisione presa dall’Aifa, che ha portato al blocco delle somministrazioni di AstraZeneca per ragioni “cautelative”.
Ovviamente la settimana non è di quella che induce all’ottimismo, con le prenotazioni bloccate o annullate e le dosi del siero AstraZeneca ferme nei frigoriferi. Ma serve fiducia, e questo significa moltiplicare le opportunità di vaccinarsi, sperando che presto arrivino i rifornimenti per poter alzare il ritmo.
Il punto centrale resta in cima ai pensieri di molti italiani, soprattutto degli sportivi. Una parte di loro peraltro, si sta vaccinando. Sono infatti oltre 1500 gli atleti dei Gruppi Sportivi Militari e dei Corpi dello Stato che rientrano come forze dell’ordine nelle fasce protette. Tra loro ci sono non solo le categorie dei professionisti, ma anche amatori agonisti come pure tra gli operatori socio sanitari.
Ad ogni modo, in una situazione in cui la lotta contro il virus è ancora durissima, non ha senso qualsiasi spirito corporativo. E poi chi si vaccina lo può fare in base all’appartenenza di una categoria, alla frequentazione di alcuni luoghi sensibili, non certo soltanto in base alla sua attività sportiva.
E in queste settimane il diffondersi delle varianti può costituire un rischio non soltanto per sé stessi, ma anche per chi ci sta intorno. Ad aiutare la campagna vaccinale, sono scesi in campo diversi medici sportivi. Un ausilio chiesto addirittura dal premier Mario Draghi con l’obiettivo di arrivare alle famose 500mila somministrazioni al giorno, per raggiungere il prima possibile un obiettivo vicino all’immunità di gregge. Ma su una eventuale campagna vaccinale per gli sportivi ancora nulla di fatto, come spiega Enzo Imbastaro, Presidente del CONI Abruzzo in questa intervista.
Presidente, una volta esaurite le priorità della campagna dei vaccini, si può pensare alla vaccinazione di una fascia per professionisti e amatori agonisti?
<< Al momento non è previsto, mentre la vaccinazione tra comuni cittadini viene effettuata anche con l’ausilio dei medici sportivi, in base ovviamente alle fasce di età >>.
Ma quello di vaccinare gli sportivi non dovrebbe servire almeno per poter gareggiare in sicurezza?
<< Attualmente non c’è alcun piano vaccinale per questa categoria. Riguardo le gare, sono sì ammesse, ma solo quelle di tipo nazionale inserite tra l’altro nel calendario del CONI >>.
Finora il mondo dello sport italiano è stato piuttosto prudente. Guai a passare la fila. Ma è troppo chiedere che se ne ragioni senza strillare allo scandalo?
<< Non tocca al CONI decidere, ma al Ministero della Salute. E ad oggi, ancora non se n’è parlato >>.
Non è un controsenso che gli atleti professionisti debbano vivere le competizioni nelle bolle, dove ci si deve chiudere accertando al 100% la negativizzazione di un gruppo, annullando i contatti con l’esterno, mentre questo non vale per lo sport dilettantistico o amatoriale?
<< Dilettanti e amatori sono normali cittadini: quando toccherà a ognuno di loro sottoporsi alla vaccinazione, se vorranno, lo andranno a fare >>.
Una campagna vaccinale rivolta per esempio agli atleti professionisti, è fattibile, onde evitare gli stop forzati a causa della quarantena? Magari in previsione dei giochi olimpici?
<< Ciò non è assolutamente in programma >>.
A questo dilemma non resta che un interrogativo: che fare dunque per gli sportivi sospesi tra il mare e la foresta, tra il bisogno di rischiare e la voglia di sicurezza? Sembra purtroppo evidente che il sistema non stia funzionando come dovrebbe in ogni ambito, a prescindere da quello sportivo. Allo stesso tempo, mancano le condizioni per un dibattito informatico, perché la trasparenza, la rapidità nel fornire i dati, anche quelli sulle reazioni avverse, la prontezza nello spiegare all’opinione pubblica con onestà che cosa sta accadendo riguardo ai ritardi della vaccinazione, non si stanno davvero dimostrando sufficienti a creare un clima di fiducia tra cittadini e autorità. Senza il quale, è bene dirlo, si danneggia proprio la campagna vaccinale. Ogni volta che lo Stato, come è nel caso dei trattamenti sanitari, non ha a disposizione il potere coercitivo, non può raggiungere i propri fini se non con gli strumenti della credibilità, della comunicazione e della persuasione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA