In Italia, durante il periodo del post lockdown da Covid, sono state vendute due milioni di biciclette. Di sicuro, da maggio a luglio l’incentivo ha dato il proprio contributo. Ma adesso è tempo di decidere sulle modalità per il rimborso.
Siamo così giunti alla settimana decisiva per lo sblocco del bonus, dedicato all’acquisto delle due ruote. Intanto, gli italiani hanno fatto la fila, bruciando addirittura le bici rimaste nei magazzini, confidando di recuperare almeno fino a 500 euro.
Tuttavia, molti costruttori sono irritati per i continui rinvii sugli incentivi, riguardanti l’eco bonus: rimborsi sul 60% della spesa per acquisti di bici e monopattini avvenuti lo scorso 4 maggio.
Il principale motivo del ritardo di un bonus attivo da tre mesi, lo si deve a un pasticcio politico tra due ministri: Sergio Costa (ministro dell’Ambiente, 5Stelle) e Paola Micheli (ministro dei Trasporti, Pd).
In pratica, Costa aveva sostenuto la tesi dell’incentivo solo a chi avesse in mano un documento tracciabile e non muto come un semplice scontrino. Al contrario Micheli, che aveva fatto notare la contraddizione di un documento considerato indispensabile, quale appunto lo scontrino.
Nel frattempo, bisognava attivare una piattaforma ad hoc per i rimborsi. Questione comunque già risolta da settimane dagli informatici. Ed ora che siamo in piena estate, l’eco bonus pare sia arrivato al chilometro finale.
Ad ogni modo, l’ultima parola, spetta al Mef (ministero dell’Economia e Finanza) a cui rimane il compito di convalidare quale delle due proposte, cioè tra il ministro Costa e Micheli, sia la più valida.
Non ci sarà quindi il click day: per i rimborsi seguirà la data di acquisto. E una volta terminati i fondi stanziati (200 milioni di euro), il bonus, salvo nuove risorse, andrà in archivio.
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