Il Tris pavé

«Tadej è un campione incredibile al pari di Eddie Merckx. Se non fosse caduto penso che ce la saremmo giocati in volata».

Tutti aspettavano il duello e duello è stato. Pogacar al debutto nella classica francese ha regalato emozioni. Il primo attacco Tadej lo porta a 102 km dalla fine nel mezzo della Foresta di Arenberg.

Dalla battaglia emergono in cinque: Pogi, Vdp, Philipsen, Bissegger e Pedersen, quest’ultimo tagliato fuori da una foratura ai meno 71 chilometri. A Mons en Pevele, secondo dei tre settori a cinque stelle, c’è quasi sempre il campione del mondo in testa. Infine, la progressione di Van der Poel sfianca il compagno Philipsen.

Tadej cerca di resistere agli allunghi di VdP. Purtroppo lo sloveno si trova a fare i conti contro uno dei tanti imprevisti disseminati lungo il percorso.

L’episodio decisivo si presenta ai meno 38 km, in una curva a destra nel settore di Pont-Thibault a Ennevelin. Tadej finisce lungo con la ruota della bici che va ad incagliarsi sopra una buca del terreno. In un attimo la Roubaix emette il verdetto: Pogacar a terra deve dire addio al trofeo in pavé.

Van der Poel non accelera subito quando si accorge del rivale in difficoltà. Anzi, si volta quasi a frenare per capire le condizioni dello sloveno. E solo dopo essersi accertato che il duello era ancora vivo, ha ripreso a mulinare sui pedali.

Comincia così il braccio di ferro a distanza. L’olandese guadagna 20”, poi il vantaggio scende a 12” prima di tornare ad aumentare. E quando Tadej cambia bici, neppure la successiva foratura di VdP sul Carrefour de l’Arbre riapre i giochi.

Mathieu macina terreno come un trattore, la sua progressione diventa insostenibile. Il distacco con Pogacar che tenta di riprenderlo supera il minuto. L’imperatore della Roubaix passa poi da una borraccia lanciatagli da un tifoso-teppista a una foratura e cambio al volo della bici.

Riguardo al gesto sconsiderato Mathieu dichiara che «non è la prima volta». Inoltre ha aggiunto, «non possiamo lasciare correre, era una borraccia piena e mi ha fatto male. È stato come una pietra, credo che pesasse mezzo chilo. Spero che l’individuo possa essere identificato e se possibile, agiremo legalmente».

Tuttavia, l’ingresso in solitaria nel velodromo e le braccia al cielo per il tris cancellano gli attimi spiacevoli. La Parigi-Roubaix è la Monumento più brutale, con la bici che martella sulle gambe e braccia dei corridori. Ma è un inferno che piace ai campioni, pur sapendo che solo uno tra loro è destinato al paradiso.

«Ho sofferto tanto, mai così in una Roubaix – ammette Vdp -. Per me aver vinto significa molto. Il mio è stato uno sforzo alla cieca: la radio non funzionava e ho perso il misuratore di potenza».

Da tre anni a questa parte, quel nome e cognome scolpito sulla pietra-trofeo è sempre lo stesso: Mathieu Van der Poel. Gli altri finiscono per fare le comparse. Vedi Pedersen (terzo), Van Aert, Vermeersch, Philipsen.

L’olandese conquista la terza Parigi-Roubaix consecutiva, come Francesco Moser (1978, 1979 e 1980). E ancora prima, quando i ciclisti erano eroi-pionieri, al pari di Octave Lapize (dal 1909 al 1911). Il corridore francese morì poi durante la Grande Guerra.

Van der Poel indica il numero tre con la mano. Al velodromo André-Pétrieux solleva la bicicletta come un gladiatore, e infine si scioglie nell’abbraccio con la fidanzata Roxanne. Ieri la rivalità sportiva si è conclusa nel modo più bello, con l’abbraccio tra i duellanti.

Ma la sfida non termina qui. Intanto VDP chiude il match con due trionfi (Sanremo e Roubaix). Tadej per ora si deve “accontentare” del Fiandre. Di sicuro lo sloveno darà presto la caccia alla Liegi, vinta nel 2021 e un anno fa. In autunno invece avrà nel mirino il poker al Lombardia. Insomma, il meglio deve ancora arrivare.

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