POGACAR IL PRIMO CORRIDORE MARZIANO SBARCATO SULLA TERRA
«Mi è sembrato una libellula, nemmeno Merckx era capace di cose simili» spiega Ernesto Colnago, uno che il Cannibale lo seguiva in ammiraglia.
L’impresa di Pogacar a Plateau de Beille, va oltre a quella di Saint Lary Soulan dopo il passaggio sul Tourmalet. Il popolo della Grande Boucle sparso sui Pirenei, un giorno potrà dire di aver assistito a qualcosa di leggendario.
L’azione irriducibile, instancabile e imprendibile dello sloveno entra di diritto nella storia del Tour. La maglia gialla se ne va sverniciando persino i record nel giorno in cui i francesi celebrano la loro gloria.
Il pubblico ieri si è goduto il più grande spettacolo che un uomo possa offrire in bicicletta. L’azione compiuta da Tadej Pogacar è di certo un’opera artistica mai vista prima. Un’azione strepitosa da extraterrestre.
Tadej brucia così ogni speranza del rivale Jonas Vingegaard finito a 3’09”. Peggio ancora Evenepoel 3°a 5’19”. Cinque minuti invece a Rodriguez che sognava il podio. Sei minuti a Ciccone con appena 17 corridori entro un quarto d’ora dal vincitore. Una mazzata micidiale, scioccante, un ciclismo di un altro pianeta.
Sull’ultima salita Pogacar scatta alla destra del danese. Con facilità lo sloveno si apre poi il varco che lo guida alla vittoria. È questa l’immagine chiave, non solo della quindicesima tappa, ma dell’intero Tour.
Quando Pogacar vede che il danese si volta a sinistra per cercarlo, capisce come oramai Vingegaard non ne ha più. La maglia gialla parte in un contrattacco selvaggio ai meno 5 chilometri. Pedalata dopo pedalata lo sloveno sembra divertirsi anche dopo cinque salite e quasi cinquemila metri di dislivello.
Alle sue spalle si viene a creare un vuoto lungo un minuto e 8 secondi da Jonas. «Mai avrei pensato di essere a questo punto alla fine della seconda settimana – spiega Pogi nel dopo tappa — . Mi sto divertendo moltissimo. Questa è una giornata incredibile. Molto del merito va alla mia squadra che mi ha aiutato nel caldo. Quest’anno abbiamo avuto un approccio diverso e adesso ne raccogliamo i frutti».
E dopo aver spianato una salita con punte al 12%, si è pure lanciato in uno sprint solitario, giusto per guadagnare più margine. «Sarebbe un peccato perdere il Tour per uno o due secondi – dichiara -, non sai mai cosa può succedere nella terza settimana».
Su queste strade Marco Pantani aveva iniziato a vincere il Tour 1998 e ieri Tadej gli ha reso omaggio domando la stessa salita in solitaria. Lo aveva già fatto ad Oropa, al Giro, nell’altra cima consacrata alla memoria del Pirata.
C’è di più. Pogi riesce a cancellare il record di Pantani nella stessa scalata di quasi 4 minuti. Sei o sette minuti meno invece rispetto ai vari Armstrong, Ullrich, Indurain che messi al confronto oggi paiono cicloamatori.
Secondo le rilevazioni del ‘98, Marco ci mise 43’28”, lui 39’42”. È la più mostruosa prestazione in salita della storia delle due ruote. Tadej Pogacar ha letteralmente spianato i 15.8 km all’8% di pendenza media del Plateau de Beille. Ed ecco allora che l’accoppiata rosa-gialla, mai più ripetuta da quell’anno, si fa sempre più vicina per lo sloveno.
Poga c’è riuscito sfruttando prima il ritmo imposto alla base della salita dalla Visma. Poi sfruttando la ruota dello stesso Vingo scatenato per 5 chilometri. E in ultimo volando solo verso il traguardo con la strada che sembrava piatta e non inclinata al 10% come per gli umani.
«La Visma voleva controllare la montagna – ammette Tadej – ma poi Jonas ha deciso di attaccare e sono andato al limite per poterlo seguire. Quando Vingegaard ha provato a ripartire, non andava come prima: lì ho capito che non aveva le gambe per seguirmi».
Ad ogni modo non sono mancate le critiche al danese per essersi consumato a fare il ritmo. Se fosse rimasto a ruota, spiegano i tecnici, avrebbe ceduto pochi secondi e la prossima settimana poteva provare a rifarsi sulle Alpi. Tuttavia, restano solo supposizioni.
Adesso non provate a dire a Pogacar che quella maglia è definitivamente sua dopo due giorni di dominio pirenaico. «Finché non vedremo la Promenade des Anglais a Nizza – aggiunge lo sloveno – la corsa non è finita».
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