Capolavoro tattico firmato Tadej

CAPOLAVORO TATTICO FIRMATO TADEJ POGACAR

Ci aveva sperato Vingegaard di risucchiare qualche secondo alla maglia gialla. Tadej però ha giocato d’anticipo. A sei chilometri dal primo traguardo pirenaico del Tour de France, il Pla D’adet, Pogacar fa qualcosa di inaspettato.

La maglia gialla affianca il suo più forte scudiero in salita — Adam Yates — e gli lancia un plateale «Vai». Adam lo guarda di sbieco con la faccia di uno che non è sicuro di aver capito. «Non era un piano concordato – spiega il britannico -. La tattica l’ha decisa lui in corsa e io l’ho eseguita. Il mio compito è di stargli davanti e tirare fino a poco prima di stramazzare».

Yates, usato come cavallo di Troia scatta sui pedali. In poche pedalate aggancia il povero irlandese Healy che sognava l’impresa della vita. Pogacar parte sparato nel tratto più duro a meno 4,6 km per volare nel tratto più scorrevole di Plat d’Adet.

Ancora una volta lo sloveno stacca il rivale Jonas fino a spingerlo sull’orlo dei due minuti di distacco. E fu così che in soli 4 chilometri la maglia gialla ha mostrato a tutti la sua marcata superiorità. Non solo fisica ma anche tattica. Lo sloveno ha mosso la squadra con intelligenza prima di andare a vincere in cima al Pla d’Adet.

Le grandi corse a tappe, e il Tour de France in particolare, sono partite a scacchi che durano tre settimane. Tadej chiude così lo spiraglio in cui il danese aveva provato ad infilarsi dopo la volata vincente sul Massiccio Centrale.

«Non è una vendetta nei confronti di Jonas – ha spiegato Pogacar -, questo è ciclismo non una guerra. È il mio modo di correre. Il piano iniziale era di strappare secondi in una volata a due, ma così è stato meglio».

Insomma, il capolavoro di Tadej è un mix di ragione e istinto seguito da una dose esagerata di forza e acume sottile. «Ho detto ad Adam di andare avanti anche se era difficile parlarci per le urla e la fatica. L’ho esortato a scattare perché volevo che fosse lui a vincere. Quando però ho capito che mi avrebbe potuto aiutare a creare del distacco, allora sono partito».

Per il quinto anno consecutivo al Tour ci sono ancora Pogacar, che ha conquistato la maglia del 2020 e ’21 e Jonas Vingegaard. Per lo scalatore danese che ha vinto le ultime due edizioni, questa Grande Boucle è una sorta di spareggio.

A una settimana dalla conclusione di Nizza, i bookmaker dicono Pogacar. Lo sloveno dopo aver vinto il Giro d’Italia ora può conquistare anche il Tour, nella stessa stagione. Tadej pedala sui sentieri della leggenda per eguagliare la favolosa impresa di Pantani del 1998.

Dopo due settimane di gara a questo Tour le gerarchie sono molto ben definite. Tadej è il più forte e può contare sulla squadra più solida. Vingegaard è nella sua scia e il terzo gradino del podio è prenotato da Evenepoel, che va fortissimo a cronometro. Remco ha futuro anche nelle grandi corse a tappe.

Vingegaard ci proverà anche nella odierna tappa pirenaica con arrivo a Plateau de Beille. E forse ci riproverà sulle Alpi, tra Isola 2000 e Nizza. Secondo il suo entourage Jonas, dopo il lungo stop per la caduta ai Paesi Baschi, avrebbe dovuto dare il meglio nella seconda parte del Tour.

E quel guizzo sul Massiccio Centrale, quando il danese era riuscito a battere Pogacar in volata, aveva alimentato la fiducia. Ma c’è chi pensa che proprio quel lungo stop dopo l’incidente, non potrà consentirgli di essere il miglior Vingegaard.

I campioni di oggi sanno prepararsi con maniacale precisione e si allenano con la stessa intensità delle gare. Solo lui sa davvero come sta e quanto può ancora può crescere.

Tuttavia, questo Pogacar è il migliore di sempre e dopo l’impresa di ieri sui Pirenei può gestire un grande patrimonio. Difficile pensare che possa perdere due minuti in montagna e nella cronometro.

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