Tadej, dominatore gentiluomo

TADEJ, DOMINATORE GENTILUOMO 

Pogacar, l’uomo solo al comando. Il dominatore del Giro apre le braccia e sulla linea bianca s’inchina per rendere omaggio alla corsa rosa. «Grazie, grazie a tutti»: le sue prime parole appena tagliato il traguardo. Un grazie rivolto all’Italia, ai tifosi, al team, ai compagni, al suo Paese. Lo sloveno in questo Giro d’Italia ha conquistato 6 tappe, di cui 5 in maglia rosa come era riuscito soltanto a Merckx 51 anni fa.

«È stata una giornata bellissima – ha detto Pogacar – con tanta gente sin dall’imbocco della salita. In certi momenti qualche tifoso mi ha toccato. Un fumogeno mi ha anche leggermente scottato, ma sono inconvenienti che succedono. L’attacco l’ho pianificato in corsa con i compagni, ci siamo guardati e al momento giusto sono partito. Volevo proprio chiudere così». 

La sua impresa ha trovato spazio anche per un momento tenero, uno di quelli che hanno fatto entrare Tadej nel cuore della gente. «Sull’ultima salita il massaggiatore mi ha passato una borraccia e io subito l’ho data a un ragazzino che mi correva a fianco. In quel momento non mi serviva, e ho pensato che se fosse successo a me alla sua età, avrei pianto dall’emozione».

Il pubblico di Bassano, vestito di rosa, lo accoglie con un lungo applauso. Ad incorniciare uno splendida giornata di sport ci sono poi le bandiere della sua Slovenia. Voleva proprio un finale così, Tadej delle meraviglie. Lo aveva pensato, studiato, preparato.

Lo sloveno vince con 2’07” sui primi inseguitori. Sul podio di Roma con lui saliranno Dani Martinez (secondo a 9’56”) e Geraint Thomas (terzo a 10’24), che sono stati due dignitosi rivali. Per trovare un distacco più ampio bisogna risalire di 59 anni, al trionfo di Vittorio

Adorni del 1965. Antonio Tiberi, 22 anni, quinto, brinda a un grande Giro e alla maglia bianca: l’Italia ha una speranza per il futuro. 

Tadej Pogacar, tigre dal cuore tenero, si conferma un fuoriclasse del ciclismo moderno. In gara attacca, corre per vincere e dare spettacolo. Non fa troppi calcoli. Pedala, sorride e riceve sorrisi.

Troppo forte il desiderio di regalare una finale memorabile: spiccare il volo sul Monte Grappa, staccare di nuovo tutti. Troppo forte la voglia di prendersi anche l’ultimo traguardo prima della sfilata di Roma. Tadej ha strapazzato a colpi di pedali anche il tappone del Monte Grappa. Quello che doveva essere l’ultimo scoglio, si è trasformato nell’ennesimo successo per il ragazzo col ciuffo che spunta dal casco.

Al debutto, dalla prima vera salita di Oropa, ha saputo dominare come solo i grandi del ciclismo sono riusciti a fare. Dal successo della conquista della prima maglia rosa per lo sloveno, è stata una lunga cavalcata trionfale. Senza esclusione di colpi, al punto da meritare una chiusura eccezionale, come non si vedeva da tempo. 

Pogacar è un big del suo sport. Annuncia i suoi obiettivi e li centra con devastante superiorità. Come già accaduto sul Monte Sante Marie alla Strade Bianche. Sulla Redoute alla Liegi-Bastogne-Liegi. 

«Ci sono stati anche momenti difficili – ha ammesso -. Ho dovuto fare i conti con l’allergia, ho avuto qualche problema a prendere sonno. Altri giorni non ero proprio comodo sulla bici, ma le gambe hanno girato bene per tre settimane. Non ho rammarico per non essere riuscito a portare la maglia rosa dall’inizio alla fine. Non m’importa se non ho vinto con oltre 10 minuti di vantaggio. Questo Giro è andato benissimo così e devo fare i complimenti ai miei avversari». La doppietta col Tour è il prossimo step. Ma intanto Pogacar si gode questo suo primo trionfo rosa. Un trionfo che ha entusiasmato, lasciando spesso il pubblico esterrefatti. Sono state  tre settimane di pura bellezza. E siamo noi che ringraziamo lui. L’uomo solo al comando. 

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