POGACAR, LA TIGRE (INSAZIABILE) DAL CUORE TENERO
Pogacar fa come vuole e vince anche quando non ha voglia. Gli è bastato mettersi in scia alla Movistar e arrivare ai piedi della salita finale. Due chilometri al 12% di pendenza media e “les jeux sont faits”. Tutto è compiuto.
A farne le spese è Pellizzari, 20 anni, il più giovane del Giro, già all’attacco sulle prime pendenze verso il Monte Pana. A 700 metri dalla fine si è visto risucchiare dal suo idolo. Dopo il traguardo Pogacar l’ha abbracciato, gli ha donato occhiali e maglia rosa.
Racconta Pellizzari: «Mio fratello mi aveva scritto il giorno prima ‘Trova il modo di farti dare gli occhiali da Tadej’. Quindi sono entrato e glieli ho chiesti, lui ha aggiunto pure la maglia. Gli auguro cose belle, perché è il migliore della storia. Ricordo ancora quando alla Strade Bianche di cinque anni fa ero riuscito a farmi una foto con lui».
«Giulio è stato bravissimo – ha detto Tadej -. È un giovane talento, spero vinca presto già in questo Giro. Io? Non avevo pianificato la tappa per vincere. Ma ho vinto lo stesso. La mia intenzione non era di andare a tutta. Non ho bisogno di spingere oltre i miei limiti. E non volevo che la squadra si affannasse in vista delle altre tappe con arrivo in salita. Ma a un certo punto la Movistar ha fatto il ritmo per vincere…».
Quando Tadej Pogacar decide di partire c’è poco da fare. Gli sforzi degli altri si infrangono sul giro delle sue pedalate. Il resto fa solo presenza. Ma non giudicate male lo sloveno. Tadej è così. Dal punto di vista sportivo, un natural born killer. Una tigre.
Lo sloveno corre per vincere. La sua filosofia è quella del vivere quotidiano: un giorno tira l’altro, una pedalata dietro l’altra. Con il solo obiettivo di diventare una legenda vivente.
Il ciclismo per sua natura vuole l’assolutismo. È uno sport che vive di fuga e sopravvive nell’impresa. Il ciclista deve vincere, il campione deve stare davanti e stravincere. Ogni frazione è un racconto che corre, e Tadej è sempre protagonista.
Stavolta in una tappa bagnata, accorciata di 87,6 chilometri dagli originari 206, fino ai 118,4. Privata per cause di forza maggiore prima dello Stelvio integrale e poi anche di quello abbreviato.
È stata comunque una tappa seria, con tutti i criteri validi per osannare l’uomo solo al comando. Colui che sta dominando la corsa rosa come non si vedeva da mezzo secolo. Verrebbe da dire: si è trovato quasi costretto a vincere, l’uomo della Uae, andando oltre le intenzioni di inizio giornata.
Tuttavia, se a portarlo a pochi secondi dai battistrada dell’ultima ora (Pellizzari, Scaroni, Costiou e Alaphilippe) sono gli altri, perché mai avrebbe dovuto tirarsi indietro? Come si fa a resistere alla tentazione di vincere in un Giro che lo sta elevando a leggenda?
A soli 25 anni ha già in tasca una raccolta di imprese da levarsi il cappello. Ieri è arrivato a quota 75 dopo aver firmato la prima cinquina al Giro dal Manuel Fuente del ’74. Sul traguardo in cima al Monte Pana ha infilato un poker in maglia rosa. Un successo che non si vedeva dalle cinque tappe vinte da Merckx nel Giro del ‘73 dominato dal primo all’ultimo giorno.
Pogacar è un predestinato di una lunga storia che finirà a Parigi in estate, con il Tour. Ora resta solo macinare i chilometri, segnare la tappa col proprio nome. Insaziabile come una tigre affamata realizza imprese come se fosse un gioco da ragazzi. Dopo ride, diventa generoso. Impossibile non amarlo.
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