Francesco Moser, 71 anni, è stato ciclista professionista dal 1973 al 1988. Nel corso della carriera si è guadagnato il soprannome di «Lo Sceriffo» per come ha saputo gestirsi in gruppo. Dopo il ritiro dalle corse è andato a vivere in campagna. Nella tenuta di Maso Villa Warth a nord di Trento. Ha tre figli, Francesca, Carlo e Ignazio
Francesco Moser, dopo 35 anni dal suo ritiro, si racconta in un’intervista sul Corriere della Sera. Il suo record italiano di 273 vittorie su strada, resta ancora intatto. Nella storia del ciclismo, solo Eddy Merckx e Rik Van Looy hanno vinto di più. Oggi, a 71 anni, Francesco va in bici tutte le settimane. In salita invece, attiva la pedalata elettrica. Da ciclo amatore, ama godersi la bellezza dei paesaggi, per questo usa la bici elettrica.
Tra i suoi ricordi indelebili, spicca il Giro d’Italia 1984, dove da subito prese la maglia rosa. In cima alle Dolomiti però la perse a vantaggio di Laurent Fignon. Infine la riprese fra Pavia e Milano. Anche il Campionato del mondo e le tre Parigi-Roubaix sono state per Francesco traguardi che hanno fatto storia.
Attualmente, il record di vittorie de “Lo Sceriffo” restano imbattute. A suo dire perché «il ciclismo è in declino. Mancano gli sponsor – dice – noi facevamo più corse e avevamo più squadre. E tutti correvano per il capitano. Ora, le squadre hanno il velocista, l’uomo della corsa a tappe, l’uomo cronometro…». Riguardo un corridore azzurro sul quale l’Italia può puntare, Moser «non vede grandi speranze».
A suo dire, una volta c’era più cattiveria agonistica. Al contrario di adesso, «la rivalità non è più una moda. Il corridore chiede scusa a quello che ha battuto. All’epoca – spiega – eravamo più ruspanti. La sfida con Saronni era vera e difficile. C’era sempre scontro aperto. Correvamo per arrivare davanti e far perdere l’altro. Con Giuseppe Saronni era difficile andarci d’accordo. Io venivo dalla campagna, lui dalla città: si sentiva superiore. Litigavamo sia in gara che fuori – confessa – pure quando andavamo a correre all’estero e persino sugli aerei».
Memorabile quando ad un campionato in provincia di Parma nell’81, Saronni prese la ruota di Moser. Giuseppe insinuò Francesco di non essere capace di andare in bici. Tuttavia “Lo Sceriffo” vinse quella gara. Infine nell’84, a Città del Messico, arriva il record dell’ora. Lo stesso anno Francesco vince la Milano-Sanremo e il Giro d’Italia.
Oggi Moser produce il brut 51,151. Un vino denominato come il suo record dell’ora. All’inizio, sulle bottiglie c’era la sua foto con la maglia rosa. In seguito le foto delle varie gare vinte. Dopo la carriera da pro, nel 1988, Moser acquista una campagna sulle colline di Trento. Vicino ci ha costruito il museo con le sue bici, maglie e trofei.
«Durante il giorno cerco di tenere in ordine la campagna – spiega – gli operai fanno i lavori più pesanti. Mentre io mi curo dell’orto, delle galline, dei cani, e poi ricevo i clienti che vogliono le foto, i selfie». Oltre ad occuparsi della cantina, produce bici con Fantic. Biciclette tradizionali che si trasformano in elettriche: le FMoser.
Quattro anni fa, dopo 40 anni di matrimonio “Lo Sceriffo” si è separato dalla moglie. L’anno scorso, è arrivato il divorzio. Oggi ha una nuova compagna. Una ex ciclista che è stata campionessa d’Italia. È più giovane, del ’68, e si chiama Mara Mosole. Lavora nel trevigiano, dall’azienda del padre. «Innamorarsi a 70 anni è un po’ diverso di quando sei giovane. Ma non sono bravo a parlare d’amore – ammette Moser -. Posso dire che si può vivere anche soli, ma in due si sta meglio».
© RIPRODUZIONE RISERVATA