Nel ciclismo, la parola pavé e sinonimo di Roubaix. Un percorso in pietra che se bagnato si trasforma in fango, spesso pesante. Quando è asciutto si crea un polverone, che è sempre fango, ma aeriforme.
Il pavé è una vocazione per i protagonisti del ciclismo, chiamati a resistere e ad affrontare qualsiasi tipo di difficoltà. Dalle cadute, alle forature ai problemi meccanici. La quinta tappa del Tour de France, da Lilla a Arenberg di 157km, di episodi spiacevoli ce ne sono stati diversi.
A 70 km dall’arrivo, la maglia gialla Wout Van Aert, finisce a terra. Il belga cade all’uscita di una curva insieme al compagno Steven Kruijswijk. Subito dopo Van Aert rischia di schiantarsi contro l’ammiraglia della DSM. Il leader della generale si salva per miracolo.
Sulle pietre della Francia del nord non c’è margine di distrazione. Correre su una bicicletta con ventotto/trenta millimetri di larghezza di pneumatico può aiutare. Ma farlo su dei blocchi di pietra, che hanno centimetri di stacco l’una dall’altra, non è facile.
Se un corridore poi ha un problema meccanico tra le campagne francesi si fa dura. Vedi Ben O’Connor, uomo di classifica della AG2R, rimasto molto attardato. Vingegaard invece resta vittima di una foratura. Il danese della Jumbo-Visma, anche se supportato dai compagni di team, compreso Van Aert, rimane attardato dai primi.
Il polverone alzato dalle ruote veloci dei corridori, di certo non agevola la respirazione. Di conseguenza, la fatica aumenta persino tra i favoriti. È il caso di Van der Poel. L’olandese rimane senza benzina alzando così bandiera bianca.
Una brutta caduta nel gruppo principale, coinvolge l’altro uomo di punta della Jumbo-Visma, Primož Roglič. Il plotone di testa intanto è composto da 25 unità, con dentro anche Caruso. Sul settore durissimo di pavé di Erre à Wandignies-Hamage, a muoversi in prima persona è Pogacar.
Lo sloveno, vuole affondare il colpo di grazia ai suoi diretti rivali Roglic e Vingegaard, impegnati ad inseguire il gruppo. Sul settore di pavé, Tilloy-lez-Marchiennes à Sars-et-Rosières, Stuyven dà una rasoiata micidiale. Alla ruota del belga si aggancia subito Pogacar. I due si portano a 43″ dai cinque fuggitivi al comando. Stuyven si rivela un alleato preziosissimo per Pogacar: la coppia viaggia di comune accordo, con cambi regolari.
Nel gruppo principale dove c’è Caruso, sono presenti anche altri italiani, come Cattaneo e Pasqualon. A 8 km all’arrivo, il drappello dei fuggitivi della prima ora, si va a giocare la tappa. Van der Hoorn, Cort, Powless, Boasson Hagen e Clarke hanno 52″ su Pogacar e Stuyven. Seguono a 1’37” il gruppo Caruso e 1’47” il gruppo Vingegaard e 2’40” da Roglic.
All’ultimo km, dopo una lunga volata, l’arrivo è al fotofinish. E Simon Clarke ha la meglio su Van der Hoorn. Chiude il podio Boasson Hagen davanti a Neilson Poweless. Più dietro arriva l’altro fuggitivo, Magnus Cort.
I corridori terminano la tappa con i volti segnati da polvere e fatica. Il caldo e la sete poi, sono stati i nemici in più, insieme alla durezza del pavé. Van Aert conserva la maglia gialla, nonostante la Jumbo Visma sia stata davvero sfortunata.
Vingegaard, dopo la foratura, grazie al lavoro enorme del suo team, riesce a limitare i danni di giornata. Il danese perde 13″ da Pogacar. Roglic invece, cede 2’08” dal vincitore. A questo punto le gerarchie in casa Jumbo Visma, appaiono ben definite.
Pogacar sale in classifica generale al quarto posto staccato di soli 19″ da Van Aert.
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