Il circolo della Regina Vittoria parla italiano. Berrettini ora è il più forte giocatore al mondo sui prati. L’azzurro, segna il secondo successo consecutivo nel torneo londinese. Si tratta di una doppietta raggiunta dopo l’infortunio alla mano destra e che lo ha tenuto fermo per ben 84 giorni.

La vittoria raccolta tra i nobili muri del Queen’s, precede il trionfo ottenuto a Stoccarda di otto giorni fa. E se con questa autorevolezza si aggiungono due perle così preziose, l’orizzonte ha un nome soltanto. Wimbledon.
Nove partite vinte su nove (che diventano 21 su 22 dal giugno di un anno fa) non sono di certo un caso. E con la prima storica finale azzurro ai Championships 12 mesi fa, Berrettini è pronto al grande salto. Cioè ad annettersi lo Slam più prestigioso ed affascinante per scrivere la storia del nostro sport e bussare alla leggenda.
«Sicuramente Wimbledon è un obiettivo, so che non sarà facile o che accadrà soltanto perché lo vorrò. Però io provo sempre a spingermi oltre i miei limiti. Quando mi sono infortunato ho messo tutto me stesso per recuperare al meglio. Mentirei se dicessi che vincere Wimbledon non è il mio grande obiettivo, anche se ovviamente non sarà per nulla facile. Ma ho le armi per giocarmela con tutti e so che posso battere Djokovic e Nadal. Non mi sento affatto lontano da loro».

Berrettini, ormai ribattezzato «Erbettini», dimostra perché il verde gli dona così tanto. Vedi la risposta nella vittoria al Queen’s, con cui si è affidato contro Krajinovic. Ma anche al profondissimo back di rovescio.
«Non riesco a realizzare quello che ho fatto – ammette -. Tornare da un’operazione, vincere due tornei di fila e difendere il titolo di uno dei tornei più prestigiosi è qualcosa di incredibile. Adesso però non voglio piangere. C’è stato un momento, una settimana o dieci giorni prima di Stoccarda, che la mano mi faceva male. Non la parte dove mi sono infortunato, ma il resto, il polso ad esempio. La mia mano non era forte abbastanza per permettermi di colpire come prima. Ero preoccupato di non poter essere all’altezza della situazione. Sono arrivato a Stoccarda e ho giocato appena un set di allenamento contro un ragazzo junior, quindi non avevo molti allenamenti alle spalle. C’è stato un momento in cui ho pensato di giocare soltanto un paio di match, se fossi stato fortunato. E invece sono sorpreso da me stesso».
Berrettini adesso si prenderà tre giorni di riposo. Le fatiche hanno richiesto un sostanzioso contributo di energie psicofisiche. Ad attenderlo c’è Wimbledon.
«Se dovessi avere l’opportunità di giocare nuovamente contro Djokovic in finale, almeno non sarebbe la prima volta. Ricordo che lo scorso anno non riuscivo a dormire molto e mangiavo a malapena, la tensione e la pressione erano altissime. È stato un grande momento, ma se dovessi raggiungere nuovamente l’ultimo atto sarebbe diverso, sarei più pronto. Saprei che cosa aspettarmi e che cosa proverò, è tutto incentrato sull’esperienza. Anche Novak l’ha detto, per lui era la 30a finale e ovviamente ci sono sensazioni diverse. Adesso sento di essere un giocatore più forte perché ho molta esperienza in più».
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