Siamo un paese “nemico” della bicicletta e chi pedala continua a farlo a rischio e pericolo quotidiano. Non a caso in Italia ogni 35 ore muore un ciclista. Senza poi contare il pericolo delle buche o incroci mal segnalati, oltre che del traffico urbano o di piste ciclabili al limite della praticabilità.
A conferma di ciò, basti cercare la parola “ciclista” sul web, cliccando sulla sezione “notizie”. Il risultato riporta un vero e proprio bollettino di guerra, con nomi di persone associate dalla passione per la bicicletta e purtroppo unite da un destino tragico: essere rimasti vittime in un incidente durante una pedalata.
Ogni giorno si consumano sulle nostre strade, una strage infinita: professionisti, amatori o semplici cittadini che inforcano la bici per i loro spostamenti quotidiani. E tali possono definirsi come tra gli utenti stradali più vulnerabili. Simili a un vaso di coccio, troppo spesso i ciclisti finiscono col essere schiacciati da auto e mezzi pesanti. A volte travolti nei pressi di un incrocio o persino superati a distanza ravvicinata e fatti cadere come birilli.
Insomma, la sicurezza dei ciclisti è un tema che fino a oggi la politica italiana non è riuscita ad affrontare compiutamente. Vedi ad esempio alcune soluzioni sperimentate in altri Paesi europei quali Spagna, Francia, Belgio, Olanda, Danimarca e Regno Unito, dove la legge consente ai ciclisti di viaggiare sulle strade cittadine appaiati, in modo da renderli più visibili ai guidatori di auto, moto e mezzi pesanti, scoraggiando chi si trova al volante, ad effettuare sorpassi pericolosi.
Magari sarebbe bello se pure sulle strade della Provincia di Teramo, si possano installare alcuni cartelli specifici, come d’altronde sta avvenendo nel resto d’Italia, allo scopo di prevenire eventuali situazioni di pericolo. I segnali che si spera verranno affissi, avranno una duplice valenza: serviranno per gli automobilisti a porre attenzione ai ciclisti, ma sarà anche esplicativo per questi ultimi, invitati a procedere in fila indiana, come appunto prevede il codice della strada.
Dunque, i tempi sono maturi per introdurre segnaletiche sulla distanza minima di sicurezza: un metro e mezzo tra il veicolo che sorpassa e la bicicletta. Ovviamente, questa normativa non deve essere uno strumento per appioppare multe, ma un incentivo volto a far capire che in bici c’è una persona e che rischia di essere ammazzata per un sorpasso troppo al limite.
L’Italia, secondo i dati dell’International Transport Forum, è il Paese in Europa con il più alto tasso di mortalità per chilometro pedalato. L’idea sulla distanza di sicurezza mira a divenire uno strumento per far cambiare la mentalità. E che forse tutti possano godere del diritto di viaggiare tranquilli sulla strada, in nome della convivenza. Perché in fin dei conti, la strada è di tutti.
Ma per arrivare a tanto, servono cambiamenti radicali, come già avvenuta con la cintura di sicurezza, il casco obbligatorio, il divieto di fumo nei locali pubblici: pareva impossibile imporli, eppure oggi sono patrimonio comune. Ad ogni modo, va adottato un sistema per far capire che in bici si rischia la vita. Ragione per cui vanno utilizzate determinate misure, al fine di cambiare in meglio l’atteggiamento di chi si trova alla guida di un’auto.
A tal proposito si aggiunge la voce di un fuoriclasse del ciclismo italiano del calibro di Vincenzo Nibali, che così parla: “È brutto dirlo, e non vorrei passare per esterofilo, ma nel resto dell’Europa è molto meno pericoloso andare in bici rispetto all’Italia”. Lo sfogo sui social del 36enne siciliano si riferisce soprattutto ai numerosi incidenti e che ogni giorno riguardano numerosi ciclisti. Ancora Nibali: “Tante volte capita che gli automobilisti ti suonino, ti mandino a quel paese, ti stringano e via dicendo. Anche se ti capita di essere in coppia e procedere a una velocità abbastanza sostenuta. Uno che viaggia in bici, per l’auto troppo spesso rappresenta un impiccio”.
Non ultimo vi è l’incidente che ha coinvolto a Gardaland, Wilko Kelderman e altri suoi sei compagni della Bora-Hansgrohe, mentre stavano completando l’uscita giornaliera in bici. Per la cronaca, gli atleti sono stati centrati da un Suv guidato da una donna che, uscendo da una strada laterale con il segnale di stop, non ha rispettato la precedenza. Per il 29enne olandese, 3° all’ultimo Giro d’Italia, il bollettino medico dopo il ricovero all’ospedale Borgo Trento di Verona, è stato il seguente: commozione cerebrale e frattura di una vertebra.
A questo punto il messaggio che deve passare è molto semplice e importante: rispetta il ciclista, rallenta e stai distante. La funzione dei cartelloni è di invitare gli automobilisti a superare le biciclette facendo loro osservare una distanza di sicurezza adeguata. Quando i mezzi a motore sorpassano devono rispettare una distanza di almeno un metro e mezzo dalle biciclette. Questo elemento oggi è necessario che entri a far parte della nostra cultura.
Tuttavia, se i ciclisti sono l’elemento debole sulla strada, comunque devono rispettare anche loro le norme di sicurezza, evitando di procedere sparsi lungo le strade trafficate.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Non è solo un problema stradale, ma soprattutto di educazione e Tolleranza rispettiva,qui la gente e’ abbandonata a se stessa (nel modo di ragionare),fino adesso, grazie a certa politica e passata la convinzione che le auto sono le imperatrici della strada, tutti gli altri devono adeguarsi. Ci vorrà molto tempo per cambiare questa convinzione,ci vorrà impegno e convinzione.