Dietro la morte di Pantani si cela l’ombra della mafia

A dirlo di fronte alla Commissione Parlamentare dell’antimafia, in presenza degli esponenti di Camera e Senato, è il Generale Rapetto.

“Qualcuno era con lui quando la morte è arrivata”. Così Umberto Rapetto, già generale di brigata della guardia di finanza, davanti alla Commissione Parlamentare antimafia, parla della morte del ciclista Marco Pantani.

In particolare Rapetto fa riferimento a “delle macchie di sangue” e di come, al momento del ritrovamento del cadavere, “era posto il braccio: non si può pensare che sia stato lo stesso ciclista a spostarlo”.

Il Generale inoltre, ha voluto porre l’attenzione sulla presenza di un “enorme grumo di sangue sul pavimento con al centro una pallina bianca, intonsa, perfettamente bianca. E’ uno dei grandi misteri: nonostante sia stata nel sangue, la pallina non ne era stata intaccata”.

Tra l’altro Rapetto ha sostenuto che “il volto di Marco era pieno di tagli profondi e lividi. Ma all’epoca dei fatti sono stati derubricati come contusioni da caduta nel momento del malore avuto nella stanza. Tuttavia le foto parlano chiaro e quelle ferite potevano essere compatibili con una caduta in bicicletta a forte velocità, magari in discesa. Altrimenti sono frutto di violenze e quindi di qualcuno che era nella stanza con Pantani quel 14 febbraio 2004. Infine, non va dimenticato che Marco chiese aiuto più volte alla reception dell’albergo, parlando di persone che gli davano fastidio. Eppure nessuno fece nulla”. 

Dunque, tali dichiarazioni svolte da un Generale dello Stato, sono sufficienti per ricomporre ogni tassello del puzzle? E qualora si fosse trattato di un omicidio legato alla mafia, non sarebbe ora che qualcuno provi a pentirsi, liberando la propria coscienza in nome della verità? “Convertitevi, verrà un giorno il giudizio di Dio”. Disse San Giovanni Paolo II rivolgendosi ai mafiosi. 

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